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Buongiorno

10.01.2018 - Buongiorno Italia

Elezioni: i “furbetti” del proporzionale

Buongiorno, Italia.
Se mai qualcuno dubitasse ancora che il Rosatellum sia una “porcata” più maiala del Porcellum, basterebbe riflettere sulla seguente circostanza: quasi tutti i leader di partito, al pari dei ministri e dei sottosegretari del governo in carica, pur potendo scegliere di candidarsi nei listini o nei collegi, oppure contemporaneamente sia nella quota proporzionale che in quella maggioritaria, si ritroveranno a correre – si fa per dire – con il numero uno nei listini.
Nei quali, è opportuno ricordarlo, non c’è il corpo a corpo tra i candidati di fronte agli elettori per conquistare il voto in più che ti fa vincere. Lor Signori giocano sul sicuro, nel proporzionale. Insomma, non si misurano: se scatta il quoziente per il proprio partito vengono automaticamente eletti e magari se ne prenderanno il merito; diversamente non sarà stata colpa loro ma del partito, tutt’al più del destino cinico e baro.

Eppure dovrebbe essere l’opposto. Un vero leader dovrebbe contrapporsi ad un altro leader e andare alla conta, far dire all’elettore direttamente – attraverso il voto – quanto conta, se merita la leadership oppure se è un bluff, un “autoreferenziale”, come si dice.
Un deputato uscente, un ministro, un sottosegretario che si ripara sotto l’ombrello protettivo del capolista o del posto utile nel proporzionale ha paura di misurarsi perché, in coscienza, sa di non meritare la rielezione. Non fosse così, perché chi ha ben operato dovrebbe tenere il giudizio diretto degli elettori?

Prendete l’esempio di Maria Elena Boschi, la rappresentante del governo che più ha fatto discutere negli ultimi tempi. Sarebbe stato più che opportuno, da parte di Matteo Renzi, invitarla a fermarsi un giro. Il leader del Pd ha deciso diversamente. E ha detto che dovranno essere gli elettori a giudicare la Boschi, perché il suo problema è politico e non giudiziario. Parole sante. Va bene anche così.

Però, a quel punto, l’ingenuo del paesino ai confini dell’impero s’aspetta che la Boschi venga candidata in un collegio: per farsi giudicare dagli elettori, appunto. E invece Renzi che ti fa? Le dà non uno ma più paracadute nei listini, dove notoriamente si vota il partito più che la persona. Insomma, la Boschi viene giudicata e preventivamente “assolta” dal suo Pd. L’elettore resta ai margini, a meno che – pur volendo votare il Pd per convinzione e fede politica – non s’indispettisce e decide di buttar via, con l’acqua sporca, anche il bambino.

A ben pensarci, è ciò che Renzi di fatto meriterebbe. E chissà che non accada.
Naturalmente, quello della Boschi è un esempio estremo. Ma, al pari degli altri capilista che sfuggono al corpo al corpo dei collegi, è un esempio di privilegio che avvilisce la politica: sia del Pd che degli altri partiti che dello stesso privilegio godono. Alla faccia degli elettori.