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Buongiorno

23.09.2017 - Buongiorno Italia

Se anche Giuliano Pisapia fa il tifo per la destra

Buongiorno, Italia.
Ho grande stima per Giuliano Pisapia: per la sua storia professionale, per le ottime cose che ha fatto da sindaco di Milano, per la sua coerente militanza in Rifondazione Comunista. Probabilmente, anzi certamente, egli non sa che farsene della stima di una normale persona sconosciuta come il sottoscritto, ma la premessa era d’obbligo.
Dunque, rispondendo a Claudio Magris, che sul Corsera aveva commentato con buona dose di perplessità la posizione ambigua del leader di Campo Progressista nel disegno di costruzione del centrosinistra, Pisapia ha scritto che la sua idea è chiara e che l’ambiguità è del Partito Democratico.

In rapida sintesi, egli ribadisce che il suo obiettivo è l’unità di un centrosinistra plurale, inclusivo e radicalmente innovativo rispetto a quello degli ultimi anni. Ma è il Partito Democratico di Matteo Renzi che non vuole percorrere questa strada. Si può recuperare un’ipotesi di alleanza con Il Pd? Certo – aveva detto Pisapia la scorsa settimana – ma a condizione che Renzi rinunci a candidarsi a Premier.

Bisogna convenire che il leader di Campo Progressista non è affatto ambiguo. É, invece, chiarissimo. In buona sostanza, secondo la vecchia scuola presuntuosa e pretenziosa del radicalismo di sinistra, egli sostiene che i voti non si contano ma si pesano. E, naturalmente, quelli della sinistra di Campo Progressista pesano talmente tanto in più dei voti del Partito Democratico che il 30 per cento stimato per il Pd di Renzi diventa cosa marginale rispetto al "non ancora pervenuto", e che prevedibilmente perverrà in misura modesta, di Pisapia e compagni scissionisti di Mdp.

Ma che ragionamento politico è mai questo? Si sostiene che il nuovo centrosinistra deve essere "radicalmente innovativo rispetto a quello degli ultimi anni", e si pretende che il Pd, che di quel centrosinistra è stato asse portante con oltre l’80 per cento dei consensi, accetti la discontinuità imposta da un ultimo arrivato, con tutto il rispetto per gli ultimi e tanto più se si chiamano Pisapia.
Non solo. Si pretende anche che il leader del Pd, Matteo Renzi, fresco di rielezione con il 70 per cento dei consensi alle Primarie, si faccia da parte perché così chiedono gli scissionisti Bersani e D’Alema, senza contare l’Enrico Letta di turno. Il quale se n’era andato a Parigi giurando di aver chiuso con la politica italiana, ma ricompare ogni due per tre con l’unico obiettivo di dire peste e corna di Renzi, ancora con il suono della "campanella" di Palazzo Chigi a tormentargli le orecchie.

Eh, sì, Pisapia ha proprio ragione: dare dell’ambiguo a lui è come dubitare del Vangelo impartendo lezioni di catechismo. Egli è assolutamente chiaro: gli scissionisti del Pd hanno fatto bene a scindersi, perché la regola aurea del radicalismo di sinistra è che, se sei minoranza in un partito, basta che completi dicendo "minoranza di sinistra" ed hai ragione a prescindere. E poiché hai ragione, puoi scassare il tuo partito, fondarne un altro e racimolare quel tanto di voti che bastano per mettere in difficoltà il Pd e far vincere la destra.

Nessuna ambiguità da parte di Pisapia: egli, come Bersani e D’Alema, è talmente tanto di sinistra che va bene anche che vinca la destra, purché perda il Pd.
Stando così le cose, ed è proprio così che stanno, Forza Renzi.